Vi avevo raccomandato di andare a vederlo. Non siete potuti venire? In tal caso vi siete persi uno dei più bei concerti degli ultimi tempi, almeno per gli amanti del rock "chitarroso". Io e la dolce metà non potevamo mancare.
Arriviamo sul posto alle nove e le porte sono ancora chiuse. Ad attendere l'apertura non siamo in molti, qualche decina di persone in tutto. È certo che, com'era prevedibile, non si registrerà il tutto esaurito.
Dopo qualche minuto Andy esce dalla porta principale, accolto da un applauso, con la chitarra in spalla e trascinando un trolley. Per un attimo temiamo che debba dirci che il concerto non si fa più, invece sta solo andando a mangiare qualcosa.
Guardandomi intorno scorgo tra la gente un volto noto. È Franco, vecchia conoscenza e un tempo nostro personale spacciatore di musica strumentale. Lo raggiungo e facciamo due chiacchiere, ingannando piacevolmente l'attesa.
Finalmente aprono le porte ed entriamo nel locale. Paghiamo il dovuto (15 euro), ritiriamo il biglietto (nella inusuale forma di un timbro sulla mano, mah...) e siamo nella sala.
Il palco è pronto. In prima fila fanno bella mostra di sé le chitarre Molinelli e l'amplificatore Cicogniani Imperium di Tony De Gruttola, muscoloso chitarrista dell'omonima band di supporto.
Scambiamo qualche altra chiacchiera con Franco e, arrivate le dieci, il concerto inizia. Tony De Gruttola propone un misto di brani originali, tratti dal suo album "03", e cover di chitarristi famosi dalle dita veloci, tra cui Joe Satriani e Greg Howe.
La band è composta da quattro elementi: chitarra, basso, batteria e tastiere. Niente voce, tutto strumentale. Una quarantina di minuti di esibizione in tutto, complessivamente piacevoli, ma viziati da un utilizzo eccessivo di tecnica chitarristica, che a tratti pare inappropriato e poco musicale (quello che solitamente in gergo si definisce "sboronaggio").
Ancora una quindicina di minuti di attesa e alle undici la Andy Timmons Band sale finalmente sul palco. Si tratta di un power trio, con Andy Timmons alla chitarra, Mike Daane al basso e Mitch Marine alla batteria.
[Gear maniac mode on]
Andy ha un setup semplice ed efficace: due testate Mesa Boogie, una Stiletto e una Lonestar, che usa alternativamente grazie ad un GCX Audio Switcher della Voodoo Lab (già Digital Music Corporation) con relativa pedaliera Ground Control Pro, un TC Electronic G-Force per i ritardi e due casse Mesa Boogie Rectifier 4x12 con coni Celestion Vintage 30, più un paio di pedali, tra cui un wah-wah della Dunlop. Imbraccia la sua prima chitarra, una Ibanez AT-100, creata apposta per lui dalla casa giapponese ed oggi sostituita dalla AT-300.
[Gear maniac mode off]
Attaccano il primo pezzo e l'impatto è esplosivo. Il sound è compatto ed incisivo, con la chitarra di Andy che si amalgama perfettamente con le linee di basso di Mike, il tutto supportato dal drumming energico e preciso di Mitch.
La chitarra la fa ovviamente da padrona, ma Andy ha uno stile, pur tecnicamente formidabile, che è lontano anni luce dal tipico shredding tutto note e poco cuore. Al contrario il suo modo di suonare è estremamente espressivo, ritmico e melodico allo stesso tempo. Anche quando si cimenta alla voce, con risultati più che buoni, dimostra di mantenere sempre l'attenzione al brano, alla musica, più che al suo strumento.
Quando suona sembra quasi che ti stia parlando, che ti stia raccontando una storia, una poesia rock. Ogni vibrato è un verso, ogni bending un richiamo, ogni prodezza tecnica semplicemente una licenza poetica.
Durante alcuni dei brani più melodici e trascinanti mi sono anche emozionato, cosa che accade assai raramente quando si assiste ad un concerto e che, quando accade, è una sensazione bellissima.
È meglio che mi fermi qui, prima eccedere con la retorica. La prossima volta che questo favoloso musicista tornerà ad esibirsi dalle nostre parti sarò certamente in prima fila.
E spero anche voi.