lunedì 19 novembre 2007

Milano, 18 novembre 2007: Porcupine Tree

Il concerto che maggiormente attendevo questa stagione era quello dei Porcupine Tree, attualmente in tour con il loro nuovo album Fear Of A Blank Planet.

Il giorno fatidico era ieri e il luogo l'Alcatraz di Milano.

Arriviamo sul posto attorno alle 20:15 e il gruppo di supporto sta già suonando. Si tratta degli Anathema, gruppo inglese che già in passato aveva aperto per i Porcupine Tree e che, a giudicare da quanto è già pieno il locale, gode di un proprio seguito più che considerevole.

La loro musica non mi dispiace affatto, bella voce, bei suoni e arrangiamenti molto curati. Tuttavia la struttura dei brani piuttosto semplice, fatta di uno o due elementi di base ripetuti per tutta la durata del pezzo, difficilmente me li farebbe apprezzare in ugual misura in un contesto più casalingo.

Durante la loro esibizione gli Anathema annunciano l'imminente uscita di un nuovo album, prodotto da, guarda un po', Steven Wilson, il leader dei Porcupine Tree. Questi è infatti un validissimo produttore, oltre che un ottimo musicista e compositore, cosa che fa di lui un talento musicale veramente notevole.

Usciti di scena gli Anathema, il tempo di preparare il palco e, poco dopo le 21, escono i Porcupine Tree, accolti da un'ovazione del pubblico, che ormai riempie abbondantemente l'Alcatraz (o almeno la parte del locale dedicata al concerto, visto che non è stato utilizzato per intero).

La formazione è la stessa da cinque anni a questa parte: Steven Wilson a voce, chitarra e (occasionalmente) tastiere, Colin Edwin al basso, Gavin Harrison (che dal 2002 ha sostituito Chris Maitland) alla batteria, Richard Barbieri alle tastiere e John Wesley alla chitarra e ai cori (quest'ultimo "membro esterno", presente unicamente dal vivo).

Attaccano con la title track del nuovo album, che verrà eseguito per intero, e continuano senza sosta, fatta salva la breve pausa prima degli irrinunciabili bis, per più di due ore.

Che dire, probabilmente il miglior concerto dei Porcupine Tree al quale abbia assistito finora. I brani proposti spaziano lungo la loro produzione dell'ultimo decennio, partendo dallo splendido Signify del 1996, dal quale sono state proposte Waiting e Dark Matter, per arrivare al recentissimo EP Nil Recurring, contenente i brani esclusi dall'ultimo album e che è possibile acquistare unicamente in occasione dei loro concerti (cosa che ho prontamente fatto).

Il suono, come sempre, è curato nei minimi particolari. La chitarra di Wilson ha qualcosa di magico e quella di Wesley le fa da perfetto complemento nella parti non eseguibili da sole dieci dita, mentre le linee di basso di Edwin sono sempre impeccabili, con quel groove che è parte integrante delle sonorità dei Porcupine Tree.
Il drumming di Harrison è molto energico e, anche se continuo a preferire le finezze di Maitland, si rivela particolarmente adatto alla svolta dura, a tratti decisamente metal, presa dalla band con gli ultimi tre album (peraltro proprio dal suo arrivo, cosa forse non del tutto casuale).
Le tastiere di Barbieri risultano essere il vero tessuto connettivo della band: sono loro a dare quella sensazione di spazialità ai brani, grazie anche all'uso sapiente di sequencing e filtri manipolati in tempo reale, e più di un brano si regge quasi interamente su di esse. Parliamo di un musicista di grande esperienza. Si vede, e si sente.

Da ultimo devo osservare quanto Wilson fosse in serata anche per quel che riguarda la voce. Dopo un inizio forse un po' roco, una volta scaldatosi, ha dato il meglio di sé per tutto il resto del concerto, interpretando i brani in maniera molto espressiva e coinvolgente. La prova vivente che la capacità di interpretazione viene prima della tecnica vocale.

Chi si fosse perso questo splendido concerto non potrà certo mancare la prossima occasione di vedere una band di tale valore.
Specie ora che è stato avvisato.

venerdì 16 novembre 2007

Monaco, 14 novembre 2007: André Nendza Quartet + Paolo Fresu

Mercoledì scorso mi trovavo a Monaco per lavoro e, dovendomi trattenere fino al giorno successivo, ho chiesto ad un collega del posto se vi fosse qualche locale con musica dal vivo in cui valesse la pena trascorrere la serata.

Mi è stato consigliato l'Unterfahrt, jazz club il cui programma prevedeva per la serata un concerto molto interessante: "André Nendza Quartet feat. Paolo Fresu".

Sì, proprio il nostro Paolo Fresu, di cui tanto avevo sentito parlare, ma che ancora non avevo avuto occasione di vedere dal vivo.

Nonostante non fosse più possibile prenotare, con l'incertezza di trovare un tavolo, io e la collega italiana che mi accompagnava abbiamo deciso di fare comunque un tentativo, salvo poi ripiegare su qualche altro locale in zona.

Sarà che siamo arrivati sul posto poco dopo l'apertura, attorno alle otto, sarà che la fortuna aiuta gli audaci, fatto sta che un tavolo c'era.

All'Unterfahrt, volendo, è anche possibile cenare, così abbiamo approfittato dell'anticipo per mettere qualcosa sotto i denti (una zuppa e un'insalata, entrambe molto buone) e ordinare la prima weißbier.

Il concerto inizia poco dopo le nove, dove una breve introduzione di André Nendza, della quale posso riferire poco, visto che con le lezioni di tedesco sono appena agli inizi.

La formazione è la seguente:


Suonano brani originali (o almeno identificati come tali dal mio orecchio poco avvezzo al jazz e a riconoscere gli standard) e fin da subito appare chiaro che ci troviamo di fronte a musicisti di alto livello, con una preparazione e un feeling con lo strumento veramente notevoli.

A colpirmi particolarmente sono stati il contrabbassista e leader del quartetto, André Nendza, la cui mole era paragonabile a quella del suo strumento e grande almeno quanto il suo talento, e il batterista, Christoph Hillmann, in grado di passare con disinvoltura dalla classica tecnica jazz ad un impostazione più moderna fino all'uso delle sole mani, sempre con una disinvoltura e un groove impeccabili.

Paolo Fresu è stato la vera star della serata. La sua tromba ha un qualcosa di arcano, quasi ipnotico. A tratti si ha l'impressione di essere come i topi di fronte al pifferaio magico: incantati.
Durante la serata ha utilizzato alternativamente due strumenti: un tromba "tradizionale", suonata per lo più con la sordina, e un'altra dall'aspetto decisamente più "antico", in ottone brunito e un po' più grande (mi si perdoni la descrizione decisamente da profano), probabilmente il suo strumento abituale.

Circa due ore di musica, con una pausa di mezz'ora, hanno accompagnato la serata, rendendola estremamente piacevole e rallentando le lancette dell'orologio. Alla fine sono rientrato in albergo verso l'una, soddisfatto e un po' allegro (complici le weißbier), con il serio proposito di tornare presto in questo simpatico club, a sentire altra buona musica.

Gute Nacht.

venerdì 9 novembre 2007

Non so recitare, e allora?

Non che nutra particolare simpatia per Barbareschi, ma questa volta lo quoto in pieno.