Da che pulpito
Il Cavaliere commenta la faccenda Unipol definendola "un intreccio inaccettabile tra politica e affari".
La critica è perfettamente condivisibile. Peccato che chi l'ha formulata sia, come scrive Ezio Mauro nel suo editoriale di oggi, "un campione, un monumento vivente al conflitto di interessi e all'impasto quotidiano e indecente tra partito e azienda, amministrazione pubblica e business privato, soldi e politica".
Si potrebbe cercare di ricordargli come il rispetto del suo ruolo istituzionale gli imponga di esprimersi in tutt'altri termini e, soprattuto, tramite i fatti, ma la priorità di cui ha goduto la legge sul risparmio e il modo in cui (non) è stato gestito il caso Bankitalia rendono superfluo qualsiasi commento.
Non contento, il caro Silvio aggiunge: "Gli elettori di sinistra sono rimasti delusi e sfiduciati. Per i nostri elettori invece non sarà così", chiarendo la natura squisitamente elettorale del suo accorato slancio moralizzatore.
Anche qui il commento nasce spontaneo: è ovvio che "non sarà così". È già così.
S'intende, tutto ciò, per quanto deprecabile, non giustifica in alcun modo l'assordante silenzio dei DS.
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