Grazie all'amico Michele, che aveva un biglietto in più a causa del paccaro di turno, ieri sera ho potuto assistere alla seconda delle due date milanesi dell'attuale tour degli Iron Maiden, da tempo sold out.
Partiamo per il Forum di Assago verso le 19:15. Il tempo di fare la gincana necessaria a raggiungere il parcheggio oltre il ponte sulla tangenziale e di tornare a piedi verso il Forum e siamo dentro.
Sono le 20:00 ed il gruppo di supporto sta già suonando. Sono i Trivium (mai sentiti prima). Pestoni, ma molto molto tecnici. Non male.
I nostri attaccano poco prima delle 21:30 e propongono tutti (!) i brani del loro ultimo album, A Matter of Life and Death, nel medesimo ordine del disco (!!), come ho saputo in seguito.
Non conoscendo l'album in questione, i pezzi sono per me una completa novità. Nel complesso gradevoli, ma nulla che lasci il segno, che ti si stampi in mente al primo ascolto. In ogni caso mi son fatto prestare l'album da Michele, onde poter valutare meglio.
Il concerto sarà poi chiuso da Fear of the Dark, Iron Maiden e, come bis, Two Minutes to Midnight, The Evil That Men Do e Hallowed Be Thy Name, decisamente a me più familiari.
Dalla posizione in cui siamo, in piedi a metà delle gradinate a sinistra del palco, si vede e si sente molto bene. Il Forum è strapieno e Bruce, durante i pezzi, spesso usa dei riflettori posti ai lati del palco per illuminare il pubblico. L'effetto è notevole.
Davanti al palco il pogo infuria e, a intervalli regolari, i responsabili della sicurezza sollevano dalle transenne qualcuno o raccolgono dall'alto qualcun'altro, trasportato dalla folla.
Nella foga, qualcuno dalle prime file tira dell'acqua (o della birra?) addosso a Bruce, proprio mentre sta cantando, infradiciandolo un po', facendolo incazzare parecchio e mettendogli fuori uso il microfono, costringendolo a farselo sostituire dai roadie, non senza perdere qualche strofa della brano in corso.
L'acustica non è affatto malvagia, anche se le tre chitarre appaiono un po' impastate, forse anche a causa della loro forte somiglianza: tre Stratocaster, per quanto con pickup diversi, non suonano poi così diversamente e solo Adrian, a volte, abbandona la sua a favore di una SG.
Dei tre chitarristi, Janick è certamente quello più funambolico e, forse, anche quello più tecnico, ma ha stranamente un volume sempre più basso degli altri due, anche sui soli. Che sia un sabotaggio nei confronti dell'ultimo arrivato? In fondo sono solo 16 anni che è con la band...
Dave ha movenze quasi da nobile d'altri tempi: sorride, si sposta raramente dal suo angolo di palco e spara i suoi soliti soli da duecento note legate con delay a condimento, che a dir la verità trovo sempre un po' ripetitivi.
E poi c'è lui, Adrian, il mito. Un gusto, una presenza sul palco, un'autorevolezza tali che non ce n'è per nessuno. Sulla sua strato noto la presenza di un pickup esafonico. Del resto, dai tempi di Somewhere in Time, è lui che si occupa delle parti di guitar synth.
Quanto a Bruce, la sua statura sul palco è come sempre inversamente proporzionale a quella fisica. Corre, salta e sfoggia una voce di tutto rispetto, quasi come ai tempi d'oro.
Nicko è praticamente invisibile, ma tutt'altro che inudibile. La batteria è incastonata nella scenografia del palco, a base di trincee ed ispirata alla copertina dell'ultimo album, tanto che, da dove siamo noi, si vedono spuntare parzialmente solo i piatti.
Last but not least, Steve è come sempre la vera colonna portante della band. Le sue martellanti linee di basso sono la colla che tiene insieme tutti i pezzi.
Immancabile fa la sua comparsa anche Eddie, prima nella torretta di un carro armato semovente, apparso alle spalle del palco, poi a passeggio sul palco stesso, in mimetica e mitragliatore a tracolla (la cui canna a un certo punto viene anche usata da Janick come plettro).
Termino questo piccolo resoconto con un piccolo episodio degno di nota. Prima dei bis, durante i consueti saluti, c'è il rito dei lanci: plettri, pelli e... bacchette. Nicko ne lancia diverse, in più direzioni, e alla fine si gira verso il lato dove siamo noi.
Non so spiegarlo, ma ho la certezza che l'ultima la stia per lanciare verso di me. Aspetta un po', mi guarda, lancia!
Salto più in alto di tutti. La intercetto. L'afferro a due mani. È mia!
Non faccio in tempo a gioire che mi rendo conto che a stringerla siamo in due, entrambi a due mani: io e un ragazzo vicino a me. Entrambi asseriamo ovviamente di averla presa per primi (lui mente) e nessuno dei due molla la presa.
Qualche secondo di empasse e Michele decide di risolvere la faccenda nel più classico dei modi: lanciando una moneta. Subito scelgo "testa", d'istinto.
Michele lancia e afferra una moneta da 50 centesimi. È buio e non si vede bene, così chiede ad un altro ragazzo di fargli luce col telefonino. Osserva e, dopo un paio di lunghissimi secondi, sentenzia: croce! Merda. (E quando mi ricapita?)
Pazienza, non sono feticista. Io e il mio avversario ci stringiamo la mano da bravi sportivi (bastardo) e lui intasca gongolante la bacchetta. Pietra sopra.
A concerto finito, mentre ci stiamo incamminando verso la macchina, un dubbio mi attraversa il cervello. "Michele, un curiosità: la faccia della moneta che è uscita aveva o non aveva le cifre sopra?"
Lui ci pensa un po', poi mi risponde, deciso. "No, non le aveva".
"E allora era testa. Coglione."